O destino de uma mãe é esperar por seus filhos.
Ela espera quando está grávida.
Espera até que saiam da escola.
Espera que comecem suas próprias vidas.
Espera que cheguem do trabalho.
Espera para lhes servir o jantar.
Espera com amor, com ansiedade e às vezes com raiva,
que passa imediatamente quando os vê e pode abraçá-los.

Certifique-se de que sua mãe não tenha de esperar demasiado.
Visite-a, abrace quem te amou. Não a faça esperar. Ame-a como puder.
O corpo envelhece, mas nunca o coração de uma mãe.


(Mara c’emena)
In: Giannino Aprile, Traùdia, Ghetonia, 1990, pp. 262-263
Traduzione libera di Salvatore Tommasi

Povera me

Povera me, che ho avuto tanti figli
e li ho allevati così lungo tempo,
e ho affrontato per loro, notte e giorno,
per non farli soffrire, ogni disagio.

Più grandicelli, li ho mandati a scuola
e hanno imparato a leggere ogni cosa,
poi da fare non ebbero in paese
e gli toccò, chi qua chi là, partire.

Finché erano vicini non soffrivo,
perché spesso venivano a trovarmi:
Natale e Pasqua stavano con me,
e la casa riempivano di gioia.

Ma ora son passati dodici anni,
dodici Pasque e dodici Natali,
che Pasquale non siede più con me
a festeggiare insieme ai suoi parenti.

Ed io, per non amareggiare gli altri,
fingevo di mangiare e di gustare;
mastico, sì, ma il cibo resta fermo,
giù nello stomaco non riesce a andare.

Povera me, piangevo poi la sera,
e piangevo soltanto il mio Pasquale!
Ma adesso più non vedo Antonio, Tore,
Pietro e Pippi: nessuno è più con me.

Povera me! Son cinque i miei figlioli
che sono andati e mi han lasciata sola;
sento ora un fuoco che mi brucia il cuore,
un fuoco la mia anima consuma.

Se alla pecora porti via l’agnello,
ed alla mucca un piccolo vitello,
quelle li chiamano mattina e sera,
ed anch’io chiamo i figli miei così.

Ovunque andiate, ovunque vi rechiate,
che siate svegli o che stiate dormendo,
vostra madre vedrete che in preghiera
inginocchiata resta accanto a voi.

Uniti procedete nella vita,
fate del bene per quanto potete:
“Ama gli altri così come te stesso”
secondo la parola del Signore.

Ma un ultimo favore vi domando:
scrivetemi più spesso, ve ne prego,
non sapete che grande sofferenza
è per me non ricevere notizie.